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Posto assicurato (o quasi) per i laureati in digitale. Ma cresce lo skill gap

OSSERVA TORIO DELLE COMPETENZE DIGITALI 2019

Solo un terzo dei diplomati Ict prosegue gli studi all’università, contro una media nazionale (tutti gli indirizzi di scuola superiore) del 50,3%

di Gianni Rusconi

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(EPA)

Solo un terzo dei diplomati Ict prosegue gli studi all’università, contro una media nazionale (tutti gli indirizzi di scuola superiore) del 50,3%

3′ di lettura

Gli annunci di lavoro per le professioni legate al mondo dell’Information e Communications Technology, nel 2018, sono cresciuti del 27% rispetto all’anno precedente, superando quota 106mila. Poco meno della metà delle richieste arriva dal Nord Ovest, che resta di gran lunga l’area geografica in cui un professionista del digitale può trovare lavoro, il 26% dal Nord-Est, il 20% dal Centro e solo il 6% da Sud e Isole. Geografia a parte, il problema della reperibilità di candidati in possesso dei requisiti richiesti dalle aziende rimane, anzi, è ancora in aumento.

Ed è probabilmente questo il punto focale della fotografia scattata dalla quinta edizione dell’Osservatorio delle Competenze Digitali, realizzato dalle maggiori associazioni Ict italiane, e quindi Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia. Sul fatto che in ambito digitale occorra accelerare e che servano risorse con le giuste competenze per farlo sono tutti d’accordo. Il problema di un Paese incapace di svoltare del tutto sta, come spesso accade, nella fase esecutiva: il nostro sistema è indietro, sia nel formare le figure professionali che servono alle aziende, sia nel creare una cultura digitale condivisa.

Se guardiamo al profilo delle figure oggetto di annuncio, emerge in modo evidente come quasi una posizione vacante su due (il 46% per la precisione) sia relativa agli sviluppatori software. Al di là del numero consistente di “developer” richiesti, poco meno di 50mila, fa specie la latenza di risposta alle inserzioni: su molte piattaforme di job recruiting online, infatti, circa il 30% degli annunci relativi ai programmatori rimane scoperto per 60 giorni o più, confermando la (cronica) mancanza di risorse adatte per ricoprire queste posizioni.

Meno acuto, seppur consistente, il gap che interessa i cosiddetti “digital consultant” (oltre 12mila posizioni scoperte) e i “digital media specialist” (circa 7mila). E c’è infine l’esercito (parliamo di qualche migliaio di profili) dei professionisti con competenze specialistiche legate alla trasformazione digitale, ovvero gli esperti in materia di intelligenza artificiale, Big Data, blockchain, cloud computing, IoT e robotica. Dati alla mano, è facile intuire come lo skill gap che penalizza le imprese italiane sia generalizzato, e forse per questo un problema di difficile ed immediata soluzione.

Eppure, come si legge nel documento di sintesi che accompagna l’Osservatorio, lavorare nel settore Ict paga, almeno in termini retributivi: nelle aziende italiane di informatica ed elettronica gli stipendi dei Quadri salgono infatti del 4,4% e quelli degli impiegati 2,7%, percentuali superiori rispetto alla media generale dei compensi. Che l’aspetto puramente finanziario sia uno stimolo per chi oggi sta affrontando gli studi?


Articolo di di Gianni Rusconi pubblicato a questo indirizzo. e qui citato a fini di diffusione. Tutti i diritti sono riservati all’autore e alla testata di riferimento.

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