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Storytelling artigiano
Puntare quindi su unicità e territorialità, diventando casi di successo. Tutto ciò è effetto della pandemia, che ha reso il mondo più piccolo e quello sotto casa un tesoretto da scoprire. Ma in questa nuova idea di marketing artigiano la vecchia logica mass market è abbandonata a favore dell’attenzione alla nicchia di valore. Perché di fatto la narrazione diventa relazione.
È quello che racconta anche la storia di Fairfax Hall, un passato come manager nei colossi delle bevande e oggi a capo di Sipsmith, distilleria artigianale nel cuore di Londra. «Oggi i consumatori sono più informati del passato e interessati su dove e come sono realizzati i prodotti che acquistano», ha raccontato questo imprenditore artefice del successo di uno dei distillati più richiesti, il London Dry Gin. L’impresa è stata acquisita dal colosso giapponese Beam Suntory, terzo più grande distillatore del mondo. La storia è stata raccontata dal Financial Times con un titolo eloquente: “come i grandi marchi sfidano i piccoli”.
La lezione per i grandi brand
In realtà ciò che sta accadendo nel mondo sottosopra del marketing, segnato da una forte instabilità dei mercati e da un’accelerazione delle dinamiche di relazione legate all’impatto del digitale su una clientela trasversale, è un’ossessione per le strategie e le narrazioni artigiane. «Le grandi aziende dovranno ripensare il modo di lavorare e trasformarsi, guardando a queste piccole e agili realtà», ha dichiarato Matthew Meacham di Bain & Company. La chiave vincente è mettersi in ascolto e imparare dai piccoli a diventare unici.
Qualità, senza finte narrazioni
«Dopo una lunga stagione consumistica registriamo una domanda crescente per oggetti sostenibili e con un ciclo di vita più lungo. Di questi oggetti vogliamo conoscere la storia, il processo produttivo, il contributo di chi ci ha lavorato. Il valore degli oggetti che acquistiamo è spesso legato alla loro capacità di esprimere una sintesi di queste dimensioni e di diventare il medium della cultura e della passione di cui sono il risultato tangibile». Così Stefano Micelli, professore ordinario di e-Business all’Università Ca’ Foscari di Venezia e autore nel 2011 di “Futuro Artigiano”, edito da Marsilio e presente nell’esposizione permanente dell’ADI Design Museum di Milano.
L’artigianato va interpretato non solo in chiave sociologica, ma anche economica e trasformativa: per Micelli le grandi imprese sono state le prime a interrogarsi sui loro prodotti e sul percorso di rinascita del valore artigiano. «Dopo la crisi economico-finanziaria del 2008 tanti grandi marchi si sono posti il problema di giustificare il valore dei propri prodotti. Le griffe del lusso sono state le prime a enfatizzare una qualità legata al saper fare delle persone con grande attenzione per i fornitori, per i territori, per la storia. Oggi la narrativa è articolata e il racconto dell’artigianalità non è più legato solo alla tradizione, ma incrocia le linee dell’innovazione tecnologica. All’inizio questo racconto era eurocentrico e ora si è espanso un po’ ovunque», precisa Micelli.
Il desiderio di oggetti unici
Per comprendere questa nuova tendenza dobbiamo partire dalla creazione di oggetti unici. «Siamo già dentro un nuovo paradigma: oggi i prodotti su misura implicano una relazione di valore e vanno oltre le classiche economie di scala», dice Micelli. Ma se i grandi scommettono su questo approccio, col rischio di narrazioni di facciata che generano craftwashing, per le piccole realtà la sfida passa dal capitale umano da formare. Ne è convinto Micelli. «C’è uno spazio per i piccoli, ma c’è un problema di comunicazione perché questo approccio richiede competenze tecniche e figure esperte. Stare sulla rete dieci anni fa era pionieristico, ma oggi gestire una presenza social e commerciale richiede competenze specifiche. Per sostenere la piccola impresa bisogna riconnettere il mondo della scuola con quello dell’impresa artigiana, immaginando programmi nei quali artigiani maturi si confrontano con giovani esperti della rete. Solo così potremo scrivere nuove pagine di un artigianato contemporaneo».
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