
Anche Eraclito sarebbe stordito dalla velocità in cui, nella società globalizzata del terzo millennio, cambino le cose. A volte capita davvero di non riuscire a stare al passo con i mutamenti, specie quelli della comunicazione, che hanno ridotto all’osso il principio di obsolescenza programmata per cui ciò che questa mattina è nuovo e rivoluzionario, questo stesso pomeriggio è antico, sorpassato, inutile (o quasi). Non resta quindi altro da fare che provare a tenersi aggiornati, consapevoli che si tratta di un aggiornamento continuo quello necessario per non fare la fine dei dinosauri.
E se per qualcuno, pochi per la verità, tenersi informato può non essere fondamentale, per chi fa impresa la prima regola del «Fight Club» è comunicare, seguita dalla regola 1Bis che prevede di farlo nei modi nuovi imposti dai social. Nessuno, in effetti, nasce influencer, ma parecchi possono diventarlo, anche per una nicchia ridotta di followers, quelli che interessa portare dalla propria parte. E per farlo, per diventare cioè oggi un «influencer del proprio settore» è necessario ottenere la «Social Proof», ovvero la prova sociale. Che, si badi, non si costruisce più parlando direttamente, occhi negli occhi con le persone, ma a colpi di marketing, messaggi azzeccati e, insomma, comunicazione.
Ad analizzare questa nuova tendenza è Federico Lazzerini, 31 anni, nato a Pietrasanta, sposato, due figlie piccole e già finito nella classifica di Forbes come uno dei giovani più potenti nel settore delle Pr. Nel suo ultimo libro, edito da Mondadori, che si intitola The Social Proof, Lazzerini analizza proprio questa nuova necessità che hanno coloro che fanno impresa: costruirsi una prova sociale che li renda immediatamente identificabili, affidabili e, di conseguenza «comperabili». Perché la prova sociale si concretizza in aumenti di fatturato, e questo non è poco. Solo che anche nel caso della social proof esistono delle regole che sono quelle di cui l’autore parla nel libro.
La prima è di essere radicali: nessuna mezza misura, nessuna strizzatina d’occhio al politicamente corretto e alla volontà di compiacere: la social proof si costruisce a colpi i provocazione. La seconda è che la prova sociale è ciò che dà senso alla vita (non c’è da stupirsi, abbiamo appena detto che si deve essere radicali nelle affermazioni). Tradotto, secondo Lazzerini è la reputazione che conferisce la legittimità per esistere e per competere in un mondo in cui la fiducia e la credibilità sono diventate i beni più preziosi. Perché la reputazione e il brand non sono solo concetti commerciali, sono soprattutto concetti filosofici che hanno radici profonde nella nostra umanità. Il tuo brand e la tua reputazione sono ciò che ti permette di dare un senso alla tua vita e di realizzare la tua missione nel mondo. D’accordo?
Potrebbe succedere di non esserlo, ma a testimonianza della fondatezza delle sue teorie, l’autore porta un po’ di case history, come quella dei muratori che si appendono alle funi: quelli di EdiliziAcrobatica che non si sono certo inventati un mestiere e non sono nemmeno stati i primi a farlo in Italia, ma sono stati i primi a credere che quanto facevano andava comunicato in modo originale. E il risultato è che oggi ovunque ci giriamo ne vediamo uno. Non solo: oggi il settore dell’edilizia su fune ha cambiato nome ed è diventato quello dell’edilizia acrobatica. Più social proof di così?
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