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Marca, leadership e fiducia: le aziende familiari sono al top

«Guardate che nel lavoro abbiamo una marea di stravolti. Ed è diventato chic esserlo». Così ha tuonato pochi giorni fa Brunello Cucinelli, presentando il suo modello di fabbrica contemporanea che parte da un uso consapevole della tecnologia. Da Corciano, uno dei borghi più belli d’Italia abitato da ventimila anime e appollaiato su un colle a dodici chilometri da Perugia, il suo messaggio è stato rilanciato ovunque su media e social. È la forza della leadership di prossimità, che dal territorio va molto oltre raccontando marchi globali che hanno una presenza anche industriale territoriale.

«È il potere della leadership locale», ha titolato recentemente il New York Times. «Oggi i potenziali leader includono non solo figure politiche e religiose, o ancora legate alla nostra sicurezza, ma sempre più spesso Ceo e dirigenti d’azienda. I leader locali sono un ponte tra cittadini, funzionari governativi e gestori delle crisi. Si preoccupano di aiutare la comunità e hanno la capacità di influenzare le persone che vivono in quel territorio. Usano efficacemente la loro influenza e le loro connessioni come mezzo per motivare l’azione diretta e hanno un’enorme opportunità di colmare il divario tra le persone e il governo, escogitando il modo più appropriato per distribuire risorse durante una crisi», ha scritto Jerry DeFrancisco sul NYT.

Fiducia di prossimità

La fiducia, una volta gerarchica, oggi è diventata locale e dispersa, quasi reticolare. Ad avvantaggiarsene è il business, che in questo modo si rafforza e risulta essere l’istituzione più affidabile, facendo emergere un fallimento delle élite e delle leadership politiche. È quanto emerge dall’Edelman Trust Barometer 2022, ricerca giunta al suo ventiduesimo anno e da sempre incentrata sull’analisi del livello di fiducia della popolazione verso aziende, media, governi e ONG. Per questa nuova edizione sono state intervistate 36.000 persone in 28 differenti Paesi, Italia inclusa.

Dall’analisi globale e con una declinazione locale emerge un problema di fiducia da parte dei leader: circa due terzi degli intervistati crede che le figure tradizionali dell’autorità – giornalisti e leader di governo in testa – mentano apertamente. Quasi un intervistato su due vede i governi (48%) e i media (46%) come forze divisive della società, in grado di alimentare infodemia e fake news, mentre imprese e ONG sono viste come unificanti. Le imprese si posizionano al 61% a livello globale e al 59% in Italia e sono ritenute la chiave per ristabilire l’equilibrio sociale. Ma c’è di più. Il datore di lavoro è l’istituzione più affidabile con un tesoretto del 77% di fiducia.

La leadership

«Il business è l’istituzione capace di assumere un ruolo di leadership, di convergere gli sforzi cross-istituzionali per risolvere i problemi della società, di eseguire con successo piani e strategie e di portare risultati. Se guardiamo i diversi comparti in Italia la massima fiducia è riposta nel settore alimentare, nel manufatturiero, nel farmaceutico, nell’automobilistico», afferma Fiorella Passoni, amministratore delegato di Edelman Italia.
I brand fanno sintesi delle varie istanze. Intanto il cerchio della fiducia si è ristretto e tendiamo a fidarci di ciò che è più vicino a noi: in Italia cresce la fiducia verso i legami più stretti (+ 5 per i colleghi di lavoro e +1 per i vicini di casa).

«Se da una parte siamo tendenzialmente fiduciosi nei confronti delle istituzioni, si registra un calo di fiducia nei confronti della leadership, ma solo se non contiamo il fattore di prossimità, che ci facilita nel processo di verifica delle azioni che intraprendiamo, ci aiuta a dimostrare la coerenza tra il dire e il fare, tra l’azione e le sue conseguenze. È una sorta di trust-check. Forse la chiave è proprio da cercare nella prossimità: se riuscissimo a sommare tante piccole realtà fatte di fiducia, potremmo arrivare ad un sistema complessivo della fiducia», precisa Passoni.

Affari di famiglia

Il “mio datore di lavoro” è visto anche come la fonte di informazioni più affidabile. Il 65% in Italia e nel mondo ha fiducia nelle informazioni provenienti da queste figure. Intanto le aziende familiari sono quelle che ne escono meglio: in un anno guadagnano 2 punti in più e si attestano a quota 68, distanziando le grandi corporation (54), le aziende statali (47) e quelle quotate in Borsa (43). Ben 7 italiani su 10 chiedono al proprio CEO di esporsi in prima persona sulle tensioni sociali: lavoro, economia, riscaldamento globale e cambiamento climatico. Ma attenzione: in ballo c’è un attivismo concreto, lontano dalla mera facciata perché sempre ai Ceo si chiede di parlare di pratiche e non di politica. E il 60% dei consumatori diffida “finché non vede le prove che qualcosa è degno di fiducia”.

«Oggi più che mai è essenziale per le aziende focalizzarsi sulle soluzioni più che sugli interessi di business. Occorre usare il proprio potere e la propria influenza per offrire alle persone soluzioni tangibili oltre il breve termine. Credo in quello che vedo e in quello che tocco e per ciò che controllo meno direttamente parto da un concetto di sfiducia», conclude Passoni. Ecco allora che serve un percorso di accompagnamento alla comprensione, lontano dallo storytelling “chiavi in mano”. Tutto ciò significa ridisegnare le strategie di marketing verso una narrazione aderente alle azioni e quindi concreta, fattuale, lucida. Come scrive Yuval Noah Harari nell’incipit delle sue 21 Lezioni per il Ventunesimo Secolo, “in un mondo alluvionato da informazioni, la lucidità è potere”.


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