Marketing

L’era dei dipendenti influencer, il tesoro nascosto dei brand

Il monitoraggio dello Iulm

«Dal nostro monitoraggio continuo – aggiunge Mazzei – è emerso che questa comunicazione è diventata più concreta mostrando un’utilità immediata, più tempestiva per rispondere ai bisogni, più autentica perché non c’è stato spazio per la comunicazione celebrativa e rituale, più coerente con la comunicazione esterna sfumando le differenze. Queste caratteristiche sono il segno di un percorso verso il consolidamento della funzione di comunicazione interna e verso l’affermazione di un suo ruolo strategico. Il rientro parziale o totale – analizza ancora la direttrice dell’Osservatorio che aggrega una quindicina tra le maggiori realtà italiane (Campari, Cromology, E.ON, Edison, Eni, Unipol, MM, Sanofi, Sella, Snam, Takeda, Unicoop, Vodafone e Whirlpool) – sta facendo emergere il worksphere, un ambiente di lavoro supportato dalle tecnologie digitali. In questo contesto la partecipazione attiva è cruciale per la tenuta del sistema perché più tecnologia richiede un tessuto relazionale e un coinvolgimento diffuso».

Forte crisi di credibilità

«Le fonti di comunicazione ufficiali – avverte Mazzei – soffrono di una forte crisi di credibilità. La voce ufficiale delle aziende mantiene una grandissima importanza, ma è cruciale che l’intero sistema faccia sentire la propria voce, soprattutto valorizzando il canale delle reti di comunicazione interpersonali. Gli ambasciatori interni valorizzano tutte le potenzialità della comunicazione personale: la capillarità, la credibilità della testimonianza in prima persona, la creazione di engagement in coloro che sono coinvolti direttamente».

D’altronde se l’organizzazione formale è lo scheletro, l’informalità è quel sistema nervoso centrale che guida i processi di pensiero collettivo, le azioni e le reazioni delle sue unità aziendali: così hanno scritto David Krackhardt e John Edwin Hanson della Carnegie Mellon University.

Gli effetti collaterali

Ma attenzione. Ogni rosa (anche sui social) ha le sue spine. Così gli influencer interni possono persino sabotare le organizzazioni, minandole in modo formale. «Possono incrementare la complessità e, qualora decidano di andare via, provocare un effetto valanga di difficile gestione», afferma Alex Bourgeois, uno dei primi blogger orientati all’internal marketing.

C’è poi un altro fenomeno rilevante. Ed è legato agli influencer esterni che entrano nelle aziende. È di questi giorni il divorzio tra Adidas e Kanye noto come Ye, entrato nel libro paga del brand di abbigliamento sportivo come designer e mandato via dopo i suoi commenti antisemiti. «È importante la modalità adottata per individuare gli ambassador: possono essere dei volontari oppure essere individuati e invitati dall’azienda.


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