
Racconti tra arte e scienza
«In questa realtà economica sempre più dipendente dai dati e dalla loro analisi, il lavoro dell’information designer si costruisce su un delicato equilibrio tra arte e scienza. Tutto ciò richiede un mix di competenze non comuni». Così afferma Giorgia Lupi, information designer di fama mondiale, esperta di dati e al lavoro su visualizzazioni accessibili, interpretabili e utilizzabili da persone e organizzazioni. Nel 2011 ha fondato a Milano con tre soci Accurat, società che si occupa con strumenti innovativi di progetti digitali in contesti ricchi di dati. Trasferitasi a New York, è diventata partner di Pentagram, una delle realtà di design più premiate al mondo: Lupi realizza con i brand più prestigiosi progetti di data visualization.
«Per tradurre la contemporaneità serve tanto lavoro interdisciplinare per formare professionisti in grado di affrontare sfide a cavallo tra due interpretazioni del mondo apparentemente opposte: percorso creativo o artistico e necessità di rigore e scientificità. Gli oltre quaranta talenti con cui lavoro oggi provengono tutti da percorsi non comuni e fortemente ibridi», precisa Lupi, che in più di un’intervista ha dichiarato che per capire i dati dobbiamo dimenticarcene e vedere attraverso di essi.
Il data humanism
«Questo principio è ciò che chiamiamo Data Humanism, ossia umanesimo dei dati. L’obiettivo è riconnettere questi numeri astratti a quello che rappresentano, che sono sempre storie di uomini. I dati sono un mezzo per capire un mondo complesso, non il fine: non dobbiamo mai perdere di vista quello che si trova dietro ai numeri, e per progettare strumenti e storie efficaci dobbiamo imparare a guardare attraverso di essi», dice Lupi.
Nel suo percorso ha lavorato con decine di grandi aziende e colossi editoriali, tra cui Starbucks, Google, New York Times. «I dati sono già ovunque e governano le decisioni tattiche e strategiche di tutti i brand con cui entriamo in contatto ogni giorno. I dati e la loro analisi devono diventare uno strumento in grado di rendere ancora più efficaci le iniziative, integrando gli strumenti a disposizione per continuare a fare la differenza in un mercato sempre più competitivo. Raccontare storie con i dati vuol dire battere nuove strade. In questa ricchezza vediamo una bellezza. I numeri come concetto astratto sono neutrali. La loro applicazione invece spesso non lo è. Questo non vuol dire però che non siano utili. I dati rimangono uno strumento fondamentale per interpretare i fenomeni nella loro complessità», conclude Lupi.
Dati che diventano storie
Ma come possiamo sopravvivere alle storie? Una risposta potrebbe arrivare dall’oggettivazione attraverso i dati e le evidenze. È quanto propone Business Today, parlando del data storytelling come nuovo mantra per la comunicazione manageriale. A causa dell’emergere di tecnologie come l’intelligenza artificiale e i big data, ogni manager dovrebbe diventare esperto di dati.
«Al giorno d’oggi le organizzazioni generano grandi volumi di dati complessi e il loro utilizzo implica una comunicazione efficace, una più facile comprensione degli indicatori chiave di prestazione e addirittura uno dei driver economici del business. Oggi la visualizzazione di dati complessi è semplificata con formati innovativi e con tabelle facilmente comprensibili, superando le barriere linguistiche e i report delle aziende sono pieni di grafici. La visualizzazione diventa un ottimo strumento per la comunicazione», afferma Dinesh Kumar, ricercatore dell’Indian Institute of Management di Bangalore.
Avanti tutta
Secondo Gartner in questo 2022 il data storytelling sarà il modo più diffuso di fruire dati e il 75% delle storie entro il 2025 verrà generato automaticamente. Così i numeri diventano narrazioni di senso. Anche perché, come ha scritto Brené Brown dell’Università di Houston, le storie sono solo dati con un’anima. Si va così verso un marketing più accessibile, immediato, globale. Un esperanto visivo che permette ai brand di soggettivizzare i loro messaggi, andando oltre la trappola della narrazione.
Lo certificano anche i ricercatori del MIT di Boston: i dati comportano una nuova narrativa che gli esseri umani possono comprendere meglio. «Se vuoi che le persone prendano le decisioni giuste, devi rendere comprensibile le informazioni attraverso la valorizzazione dei dati. Come in ogni buona storia che si rispetti, i dati hanno bisogno di un inizio, di uno sviluppo centrale, di una conclusione. Anche se gli scienziati dei dati non sono sempre all’altezza di queste sfide», afferma Miro Kazakoff, docente di Data Storytelling al MIT.
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